Avv. Francesco Isola - corso Italia n. 92 - Catania


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F.A.Q. - DOMANDE FREQUENTI

                          
D: Chi è, e cosa fa, un Avvocato ?

D: Quando ho bisogno di un Avvocato ?

D: Perché è obbligatorio, in un giudizio, farsi assistere da un Avvocato ?

D: Come si diventa Avvocato ?

D: Se devo comprare / vendere casa, affittare / ristrutturare un appartamento, scrivere il mio testamento, mi serve un Avvocato ?

D: cerco un Avvocato specializzato: come faccio a sapere a chi rivolgermi per una specifica materia ?

D: posso consultare internet  per essere sicuro di trovare un buon avvocato ?

D: Non posso permettermi la parcella di un Avvocato: come faccio ad ottenere il riconoscimento dei miei diritti senza affrontare i costi di un difensore ?

D: Vorrei fare prima i miei conti: come posso conoscere in anticipo i costi di un processo ?

D: Ho iniziato un giudizio con l’assistenza di un Avvocato, ma non ne sono per niente contento. Posso interrompere il rapporto, e con quali costi ?

D: Il mio avvocato mi ha comunicato di voler rinunciare al mandato, e questo mi creerà dei problemi: può farlo, anche se non sussiste un giustificato motivo ?
 
D: Quali sono i miei diritti (ed i miei doveri) come cliente ?

D: Quali sono i comportamenti che un Avvocato dovrebbe evitare ?

D: E' corretto che l’Avvocato deleghi un suo collaboratore per parlare della mia pratica, o per andare alle mie udienze ?

D: Sono diversi anni che ho in corso una causa civile, e il mio Avvocato mi ha detto che la prossima udienza sarà tra più di un anno: e’ normale questo, o è colpa del mio Avvocato ?

D: Quando e’ davvero necessario affrontare un giudizio civile, e quando invece è meglio cercare un accordo ?

D: Dice il proverbio che chi rompe, paga: che succede se l’Avvocato sbaglia (ed il Cliente paga per il suo errore) ?



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D: Chi è, e cosa fa, un Avvocato ?

R:    Il titolo di Avvocato è riservato agli iscritti all'Albo degli Avvocati, tenuto in ogni circondario di Tribunale.
       
    L'iscrizione è consentita a coloro che, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, abbiano superato uno specifico esame di Stato.

    L'avvocato, come definito dall'art. 2 co. 2 della nuova legge professionale (Legge 31 dicembre 2012, n. 247), è il professionista che  ha la funzione di garantire al cittadino l'effettivita' della tutela dei diritti.

    Per come previsto dall'art. 2 co. 5 della legge professionale, sono attivita' esclusive dell'Avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali; è poi di competenza dell'Avvocato l'attivita' professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale.

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D: Quando ho bisogno di un Avvocato ?

R:     L'attività dell'Avvocato non si limita soltanto alla difesa del Cliente nei giudizi avanti le autorità giurisdizionali civili, penali ed amministrative o negli arbitrati.
    La assistenza di un Avvocato è necessaria, ad esempio, per instaurare un procedimento di mediazione o di negoziazione  assistita, volti alla conciliazione preventiva delle controversie, ed utile per avviare un procedimento di esdebitazione.

     E' poi possibile avvalersi dell'apporto professionale di un Avvocato anche in molte attività quotidiane (dalla redazione di una raccomandata o di una denuncia, alla stipula di contratti, alla partecipazione ad un’assemblea condominiale), nelle quali la consulenza di un esperto è spesso utile, e talvolta indispensabile.
   
    Conoscere con precisione i nostri diritti, e le normative che regolano una specifica materia, ci consente infatti di prendere le giuste decisioni relative ai nostri affari, od alle nostre proprietà, rispettando le leggi, ma evitando di subire le ingiuste pretese altrui: a tal fine, l'Avvocato può consigliarci, ed anche preparare per noi degli approfonditi pareri (orali o scritti) su specifici quesiti.
   
    L'Avvocato può consigliarci su come disporre dei nostri beni mediante un testamento olografo (che, a differenza del testamento segreto e del testamento pubblico, non richiede il ministero di un Notaio), oppure curare l'amministrazione di beni, od affiancare il Cliente nello svolgimento di trattative commerciali od in varie occasioni (per esempio, l'art. 579 del codice di procedura civile prevede che, nelle vendite giudiziarie, solo gli Avvocati possano fare offerte per persone "da nominare", ossia per conto di un Cliente che vuol rimanere anonimo sino all’avvenuta aggiudicazione).

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D: Perché è obbligatorio, in un giudizio, farsi assistere da un Avvocato ?

R:     Il motivo della obbligatorietà della difesa tecnica (esclusa solo davanti al Giudice di Pace per i giudizi di valore fino ad € 1.100,00 oppure previa apposita autorizzazione del Giudice) è il medesimo per cui l'esercizio delle varie professioni (come quella del medico, o dell'ingegnere, o del pilota di un'aeromobile o di una nave) è riservato solo a coloro i quali, attraverso un esame di abilitazione, dimostrino di avere le necessarie competenze: essa è quindi prevista a tutela dei Cittadini.

    Per comprendere l'erroneità della convinzione secondo cui l'obbligatorietà della "difesa tecnica" sia stabilita ad esclusivo vantaggio degli Avvocati, occorre approfondire l'argomento, premettendo che l'art. 24 della Costituzione garantisce il diritto inviolabile del Cittadino ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.

    Senonché i procedimenti giudiziari:

    – devono essere accessibili a tutti, senza tuttavia trasformarsi in un dibattito caotico e violento (come accadrebbe se ciascuno potesse reclamare in proprio, con l'eccessiva foga generata dal personale coinvolgimento, le sue pretese);

    – deve consentire a ciascuna delle parti di far valere tutte le proprie ragioni, senza però protrarsi all'infinito (come accadrebbe se ciascuna parte potesse sempre introdurre nuovi temi di discussione, aggiustare le proprie domande, ed addurre continuamente nuovi documenti e nuove testimonianze a proprio favore).

    Vi è quindi, innanzitutto, la necessità - per potersi avere un ordinato svolgimento del processo - che la parte sia rappresentata in giudizio da un soggetto terzo e non direttamente interessato, al quale (a pena di sanzioni disciplinari) viene imposto l'obbligo di comportarsi con lealtà e probità.

   Ancora, per consentire alle parti contrapposte di argomentare le proprie ragioni in modo completo, ma in posizione di assoluta parità, e senza protrarre all'infinito la durata di un procedimento, è indispensabile che le varie fasi di svolgimento del processo vengano minuziosamente regolate: ad esempio, fissando termini perentori per la specificazione delle domande o per la indicazione delle prove.

    Il rovescio della medaglia, di tale minuziosa regolamentazione del processo, sta nel fatto che l'ignoranza (o la mancata osservanza) delle sue regole può pregiudicare le ragioni più sacrosante e più fondate, ad esempio per la impossibilità di produrre un documento decisivo dopo la scadenza del relativo termine, o di far escutere un importante testimone per essere decaduti dalla prova: sicché il diritto di agire in giudizio, per avere il carattere della "effettività", presuppone la necessità di un'assistenza tecnica e professionale, obbligatoria per tutti e garantita a tutti (per i non abbienti, a spese dello Stato).

    In questo senso va letto l'art. 2 co.2 della legge professionale (L. 247/2012), il quale recita: «L'avvocato ha la funzione di garantire al cittadino l'effettivita' della tutela dei diritti.»

    Si tenga presente, infine, che benché la legge consenta agli Avvocati di stare in giudizio personalmente (nei soli procedimenti civili), anche un avvocato, se saggio e prudente, affida la propria difesa in giudizio ad un altro Avvocato: ciò perché la estraneità dell'Avvocato agli interessi in contestazione gli consente le migliori e più ragionate scelte difensive; un noto detto afferma, in proposito, che "l'Avvocato che difende se stesso ha per cliente un cretino".


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D: Come si diventa Avvocato ?

R:     L’esercizio della professione di Avvocato - in Italia - è subordinato al conseguimento della laurea in giurisprudenza, all’effettuazione di un successivo tirocinio, e quindi al superamento di un esame di Stato, che consente l’iscrizione all’Albo professionale; dopo cinque anni di iscrizione ed il superamento di un ulteriore esame di Stato, ovvero dopo otto anni di iscrizione e la frequenza di una Scuola Superiore, l’Avvocato può conseguire l’abilitazione al patrocinio avanti la Corte di Cassazione e le altre giurisdizioni superiori, previa iscrizione al relativo albo speciale.

    La prescrizione obbligatoria di un serio ed effettivo tirocinio, e la dura selezione negli esami di stato per l'abilitazione alla professione di avvocato tendono - ovviamente - a tutelare il cittadino dal rischio di affidare i propri interessi ad un improvvisato azzeccagarbugli, con conseguenze spesso irreparabili;
    e tuttavia vi sono "scuole" che, giovandosi impropriamente delle norme volte ad attuare la libera circolazione dei professionisti all'interno della comunità europea, promettono - dietro pagamento di lauti compensi - una facile iscrizione all'albo speciale degli "avvocati stabiliti".
    Ovviamente, non vi è paragone tra l'Avvocato che, formatosi realmente in un altro paese europeo, ed acquisite le necessarie conoscenze del diritto vigente in Italia, intenda qui trasferirsi e continuare ad esercitare la professione; e - dall'altra parte - il laureato "asino" che, non riuscendo a superare l'esame di stato,  utilizza un "escamotage internazionale" (è la definizione usata in una vecchia pubblicità)  per ottenere l'iscrizione all'albo (seppure speciale, degli avvocati stabiliti)  conseguendo insomma un titolo a pagamento.

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    Poiché l'avvocato è il professionista che si intende di legge, la sua competenza, se male indirizzata, potrebbe costituire un valido supporto per ogni attività illecita, tendendo a legittimare, od a rendere impuniti, soprusi ed imbrogli.
    Per tale motivo, in base alla legge professionale (art. 17 L. 247/2012),  l'iscrizione all'Albo professionale è impedita non  soltanto a chi sia sottoposto all'esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive, ovvero abbia riportato condanne per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e per quelli previsti dagli articoli 372, 373, 374, 374-bis, 377, 377-bis, 380 e 381 del codice penale: ma addirittura a chi non sia di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense.

    La professione di Avvocato non è consentita, inoltre, a chi eserciti attività commerciali o presti qualunque lavoro dipendente (salvo l’insegnamento o l’impiego negli uffici legali di Enti Pubblici), al precipuo fine di assicurare la piena autonomia e libertà dell’Avvocato, che non deve subire costrizioni di alcun tipo nelle sue scelte professionali: l’Avvocato infatti, non deve essere un mercenario al soldo del proprio cliente, e la sua attività deve essere fondata (art. 3 l. 247/2012) "sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale".
    Ciò perché,  come recita il solenne giuramento che egli presta prima di iniziare l’esercizio della professione, la sua attività è svolta  ‘per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento’.

    Una volta conseguita l'abilitazione all'esercizio della professione, l'Avvocato è soggetto, nel caso di violazione dei suoi doveri, non soltanto a specifiche norme penali (che i Giudici, giustamente, applicano con particolare rigore), ma altresì ad un effettivo potere disciplinare esercitato dai Consigli Distrettuali di Disciplina, organi distinti dai Consigli dell’Ordine (ed in grado di appello dal Consiglio Nazionale Forense, i cui provvedimenti sono impugnabili avanti la Corte di Cassazione).

    Se anche nella categoria degli Avvocati, come in ogni altra, esistono delle “pecore nere”, è pur vero che i procedimenti disciplinari sono tutt’altro che infrequenti, e conducono spesso – anche se il Cittadino non ne ha in genere notizia - all'applicazione delle sanzioni previste dalla legge (che spaziano, a seconda della gravità della violazione, dall'avvertimento alla definitiva radiazione dall’Albo).

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D: Se devo comprare / vendere casa, affittare / ristrutturare un appartamento, scrivere il mio testamento, mi serve un Avvocato ?

R:     Consultare preventivamente un Avvocato, quando si affrontano questioni di una certa rilevanza, serve ad evitare le conseguenze di un cattivo affare, e - spesso - a risparmiare i costi ed i disagi di un lungo e costoso giudizio civile.

    Soprattutto quando ci troviamo per la prima volta ad affrontare una problematica che coinvolge i nostri interessi più importanti, dovremmo affidarci alla guida di un professionista:

    – che possa aiutarci a prevedere i rischi di ogni affare, mettendoci in condizione di operare scelte consapevoli;

    – che sia in grado di segnalarci le eventuali anomalie della contrattazione, ed i comportamenti sospetti della controparte;

    – che possa validamente affiancarci nella trattativa con operatori professionali ben più smaliziati di noi.

    L’Avvocato potrà aiutarci a formulare ed inserire nel contratto le pattuizioni di nostro interesse, ed a comprendere la effettiva portata di quelle inserite dalla nostra controparte: la chiarezza dei patti - soprattutto se consacrati in un contratto scritto - è infatti il miglior presupposto per la tutela e la soddisfazione di entrambi i contraenti in ogni affare.

    Ancora (facendo i debiti scongiuri), l’Avvocato potrà aiutarci a redigere il nostro testamento, dandoci la certezza che i nostri beni - tra cent'anni, ovviamente - vadano assegnati secondo la nostra volontà, ed evitando che la nostra eredità divenga per i nostri cari il motivo per infinite liti.

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D: cerco un Avvocato specializzato: come faccio a sapere a chi rivolgermi per una specifica materia ?

R:    A differenza della professione sanitaria, in cui il medico consegue specifici diplomi di specializzazione (p. es. in otorinolaringoiatria, in cardiologia, ecc.) al termine di appositi corsi, per l’Avvocato non erano previste qualifiche attestanti la particolare preparazione in una specifica materia.

    L'art. 9 della Legge n. 247/2012 prevede oggi la possibilità per l'Avvocato  di conseguire il titolo di specialista in una particolare materia, all'esito positivo di percorsi formativi almeno biennali, o per comprovata esperienza in un dato settore; l'attribuzione del titolo è comunque riservata al Consiglio Nazionale Forense (ente pubblico, con sede in Roma).

    L'abilitazione all'esercizio della professione consente comunque all’Avvocato di assumere la difesa in ogni tipo di processo (civile, penale od amministrativo).
    Ciò non significa - tuttavia - che sia consentito all'Avvocato buttarsi allo sbaraglio, a scapito del Cliente: essendogli espressamente vietato accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza, sotto pena di sanzioni disciplinari e del risarcimento dei danni che - per imperizia - cagioni al Cliente.

    La sempre maggiore complessità delle diverse normative sostanziali e processuali fa sì che ogni Avvocato si occupi in concreto solo di alcune materie, conseguendo negli anni, con l’esperienza e con la frequenza degli obbligatori corsi di aggiornamento, una informale ‘specializzazione’.

    Oltre che basarsi sulle indicazioni fornite da ciascun Avvocato (contenute, ad esempio, sulla carta intestata o su brochures o siti web, della cui veridicità l'avvocato è responsabile), il cittadino potrà comunque richiedere informazioni all’Ordine degli Avvocati, ente pubblico preposto fra l’altro alla vigilanza sull’operato dei propri iscritti.

   
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D: posso consultare internet  per essere sicuro di trovare un buon avvocato ?

R:    Internet è certamente un potentissimo libero mezzo di informazione: e tuttavia, poiché i suoi contenuti non sono soggetti ad alcuna verifica e non richiedono nessuna autorizzazione, vi si trovano informazioni corrette e informazioni sbagliate, così come pubblicità corrette e veritiere e pubblicità ingannevoli.

    E' notorio che molte persone si affidano ad internet - addirittura - per risolvere i propri problemi di salute: con la conseguenza che sedicenti guaritori riescono a raggiungere un numero elevatissimo di utenti a cui prospettano costose, inutili e spesso pericolose cure;
    così come esistono agenzie pubblicitarie che, dietro pagamento di un canone, segnalano i nominativi di medici  (od altri professionisti), magnificandone la bravura e la economicità.
    Tuttavia, ogni persona avveduta  non affiderebbe mai la propria salute al primo arrivato, nè allo specialista più intraprendente ed economico, nè sceglierebbe il proprio medico di fiducia tra quelli che compaiono per primi nei risultati  di un motore di ricerca (ad es., google), per effetto di una serie di algoritmi che non tengono in alcun conto l'effettiva competenza professionale.

    Allo stesso modo, essendo indispensabile la esistenza di un rapporto di fiducia tra Cliente ed Avvocato, internet non è mai un buon modo di scegliere il professionista che dovrà occuparsi dei nostri interessi: molto meglio fidarsi del "passa - parola", chiedere indicazioni a parenti, colleghi ed amici  che abbiano dovuto affrontare un giudizio o richiedere assistenza legale in una materia analoga, e che sapranno riferirci la loro esperienza con questo o quell'Avvocato.

    Sarà certamente utile diffidare di chi dovesse pubblicizzare in maniera sfacciata la propria attività professionale, garantendo sicure vittorie, offrendo prestazioni a prezzi "stracciati", e dichiarandosi competentissimo in ogni materia giuridica: quelli indicati sono comportamenti espressamente vietati dalla Legge Professionale e dal Codice Deontologico Forense - nell'interesse del Cliente - essendo consentito all'Avvocato solamente di fornire informazioni sulla propria attività professionale, nel rispetto dei limiti della trasparenza, verità, correttezza e purché l’informazione stessa non sia comparativa, ingannevole, denigratoria o suggestiva.
   
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D: Non posso permettermi la parcella di un Avvocato: come faccio ad ottenere il riconoscimento dei miei diritti senza affrontare i costi di un difensore ?

R:     La legge (D.P.R. n. 115/2002) prevede, per i titolari di un reddito annuo imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a € 12.838,01 per il nucleo familiarele cui ragioni non appaiano infondate, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
    
    In tali casi si può quindi presentare apposita domanda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, per ottenere la ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e scegliere l’Avvocato di propria fiducia - che sarà retribuito dallo Stato - tra quelli iscritti negli appositi elenchi tenuti dagli ordini degli Avvocati.
  
     Il cittadino ammesso al patrocinio a spese dello Stato non dovrà versare nessuna somma, per compensi o rimborsi a qualunque titolo, al difensore nominato: il quale commetterà un grave illecito (penalmente, oltre che disciplinarmente, rilevante)  qualora richiedesse denaro, a qualsiasi titolo.

    Ovviamente - qualora l'azione promossa dal cittadino ammesso provvisoriamente al gratuito patrocinio dovesse rivelarsi temeraria - il Giudice provvederà, con la sentenza, revocare il beneficio, e le spese del giudizio - comprese quelle sino a quel momento anticipate dall'Erario o prenotate a debito - dovranno essere rimborsate.

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D: Vorrei fare prima i miei conti: come posso conoscere in anticipo i costi di un processo ?

R: I costi di un processo possono essere divisi in quattro categorie: spese per il procedimento di mediazione (o di negoziazione assistita) obbigatoria, compensi professionali, tasse relative al giudizio, altre spese vive.
  
Spese per il procedimento di mediazione o di negoziazione obbligatoria

    La mediazione finalizzata alla conciliazione,  obbligatoria prima di iniziare un giudizio, comporta dei costi variabili a seconda del valore della controversia (e dell'organismo prescelto), attenuati dalle agevolazioni fiscali che conseguono alla eventuale conciliazione.

Compensi professionali

     Per effetto del Decreto Legge n. 1/2012, convertito in Legge n. 27/2012, non esistono più le tariffe forensi: strumento previsto sin dalla vecchia Legge professionale n. 1578 del 1933 nel quale, in relazione al valore della causa,  ad ogni singola attività possibile nel processo corrispondeva un compenso diviso in "diritti" predeterminati ed in "onorari" dei quali era fissata la misura minima e massima (tra cui era possibile spaziare in relazione alla complessità dell'opera svolta ed al vantaggio conseguito dal Cliente).

    Scomparse le tariffe professionali (che, secondo molti, garantivano al cliente la certezza di pagare solo i compensi relativi alla attività effettivamente svolta), il Cliente potrà - se crede - stipulare un vero e proprio contratto di incarico, che prevederà esattamente (per quanto prevedibile) la misura del compenso pattuito.

    In mancanza di pattuizione (anche successiva) tra Cliente ed Avvocato, la misura del compenso potrà essere determinata dal Giudice, che utilizzerà indicativamente i parametri stabiliti dal Ministro della Giustizia (vedi): parametri che - secondo molti - tendono, in nome di un preteso regime concorrenziale che dovrebbe avvantaggiare i Clienti (al fine - forse - di mitigare i continui aumenti del c.d. contributo unificato), a svilire la professionalità dell'Avvocato, e creare disordine in quella che non è e non deve essere confusa con un'attività commerciale, essendo una professione di pubblica necessità.

Tasse relative al giudizio

    Scomparse (da tempo) le marche da bollo giudiziarie, che rimangono tuttavia dovute per il rilascio delle copie degli atti, all’inizio di un giudizio occorre pagare - oltre ad € 27,00 per anticipazione forfettaria - il c.d. ‘contributo unificato’, di importo correlato al valore della causa, nella seguente misura (D.L. 24-06-2014 n. 90):


valore della causa primo grado appello o reclamo cassazione
fino ad € 1.100,00 e separazioni o divorzi consensuali € 43,00 € 64,50 € 86,00
fino ad € 5.200,00 e separazioni o divorzi contenziosi € 98,00 € 147,00 € 196,00
fino ad € 26.000,00  € 237,00 € 355,50 € 474,00
fino ad € 52.000,00 o di valore indeterminabile € 518,00 € 777,00 € 1.036,00
fino ad € 260.000,00 € 759,00 € 1.138,50 € 1.518,00
fino ad € 520.000,00 € 1.214,00 € 1.821,00 € 2.428,00
oltre € 520.000,00 € 1.686,00 € 2.529,00 € 3.372,00



    Tali importi sono ridotti alla metà nel caso di procedimenti speciali (ad. esempio, ricorsi per ingiunzione di pagamento, o provvedimenti d'urgenza) e per i procedimenti sommari di cognizione (art. 702 bis cpc);
    nel caso di impugnazioni, che vengano integralmente rigettate o dichiarate inammissibili od improcedibili, è dovuto un ulteriore contributo unificato, pari a quello iniziale.

    Il contributo unificato deve essere versato non solo dalla parte che inizia il giudizio, ma anche da ciascuna parte che - quale convenuta - effettui una chiamata di terzo (per esempio, la propria compagnia assicuratrice), o proponga una domanda riconvenzionale, oppure intervenga volontariamente in un giudizio (per esempio, nel giudizio che si svolge tra il proprio condominio, in persona dell'amministratore, ed un'impresa).

    Allorquando occorrerà richiedere copia autentica di atti (salvo il caso delle copie estratte dal sistema informatico "polisweb", e attestate conformi dal difensore), occorrerà pagare i relativi "diritti di cancelleria"; alla fine del  giudizio, occorrerà poi pagare la tassa di registro relativa alla sentenza.

Altre spese vive
 
    Se si tratta di giudizio per il quale è necessaria una consulenza tecnica (valutazione di danni a cose o persone, accertamenti di difetti nelle costruzioni, ecc.) occorrerà anticipare anche il compenso che il Giudice liquiderà in favore del Consulente.
    A ciò bisogna aggiungere le spese per la notifica nonché - eventualmente - quelle per portare ad esecuzione la decisione del Giudice.

=O=O=O=

    Alla conclusione del giudizio, il Giudice condannerà la parte in torto a rimborsare alla parte vittoriosa le spese del giudizio, sulla base di parametri stabiliti con Decreto Ministeriale: va però tenuta presente la possibilità che tale rimborso non copra per intero le spese effettivamente dovute al proprio difensore, o che il Giudice, per soccombenza reciproca o per gravi ed eccezionali ragioni, ritenga di ‘compensare’ in tutto od in parte le spese (che rimangono così a carico di chi le ha anticipate).

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D: Ho iniziato un giudizio con l’assistenza di un Avvocato, ma non ne sono per niente contento. Posso interrompere il rapporto, e con quali costi ?

R:     Nel rapporto tra Cliente ed Avvocato è fondamentale la reciproca fiducia: quando essa venga meno, sarà nell’interesse di entrambi interrompere il rapporto.

    La legge professionale n. 247/2012, all'art. 14, prevede che "L'avvocato ha (...) sempre la facolta' di  recedere dal mandato, con le cautele  necessarie  per  evitare  pregiudizi  al cliente";
    ma anche il Cliente, in base all'art. 2237 del Codice Civile, può interrompere in qualsiasi momento il contratto d’opera intellettuale, quale è quello che intercorre con l’Avvocato, senza incorrere in alcuna penalità.

    L’unico obbligo a carico del Cliente, in caso di revoca del mandato, è il rimborso delle spese sostenute ed il pagamento del compenso per la sola opera effettivamente svolta sino a quel momento; niente è invece dovuto all’Avvocato a titolo di ‘mancato guadagno’ (come accade, ad esempio, nel diverso caso dell’appalto).

    E’ bene ricordare che l’Avvocato non ha il diritto di trattenere ‘in ostaggio’ la documentazione relativa alla causa, subordinando la restituzione al pagamento della parcella: in tal caso è possibile ottenere l’immediato intervento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

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D: Il mio avvocato mi ha comunicato di voler rinunciare al mandato, e questo mi creerà dei problemi: può farlo, anche se non sussiste un giustificato motivo ?

R:  Certamente, la improvvisa dismissione dell'incarico da parte dell'avvocato è causa di disagio per l'Assistito: il quale - ad esempio - dovrà cercarsi un altro professionista, corrispondergli un anticipo sui compensi, ecc. ecc.-.

Ciò nonostante, la legge professionale (L. 247/2012, vedi) - (la quale, ai sensi dell'art. 2230 co. 2 cod.civ., prevale sulle norme del codice civile, che normalmente richiedono, con l'art. 2237 co. 2,  la sussistenza di una giusta causa) - stabilisce all'art. 14 che «L'avvocato ha (...) sempre la facolta' di  recedere dal mandato, con le cautele  necessarie  per  evitare  pregiudizi  al cliente».

Il motivo di tale previsione sta nel particolare rapporto che deve necessariamente intercorrere, e persistere per tutta la durata del rapporto,  tra Cliente e avvocato: il c.d. "rapporto di fiducia", in virtù del quale il Cliente affida al professionista - che li curerà in completa autonomia, assumendone ovviamente la responsabilità -  la sorte dei propri interessi.

Qualora non si instauri, o venga meno, la fiducia del Cliente verso l'Avvocato, il rapporto professionale è destinato al fallimento; sicché - ove non sia il Cliente a revocargli l'incarico - sarà bene che l'Avvocato assuma l'iniziativa, mediante la rinuncia al mandato.

Casi del genere ricorrono quando il Cliente - talvolta erroneamente - ritenga che l'Avvocato non sia fedele ai propri doveri (tra gli esempi più sciocchi, perché per esempio, dopo una udienza, vada a prendere un caffè con il collega avversario), o non abbia le necessarie competenze professionali (per esempio, perché cercando su internet, il Cliente ha letto qualcosa che gli ha instillato dei dubbi), o non presti la dovuta attenzione al suo caso (per esempio, perché ha incaricato un sostituto per recarsi ad una udienza di semplice rinvio).

Ovviamente, è previsto - per l'avvocato, sia revocato che  rinunciante - l'obbligo di evitare pregiudizi al Cliente (per esempio, evitando le decadenze in cui potrebbe incorrere il Cliente che non abbia avuto il tempo di nominare un altro legale), e quello di consegnare al Cliente tutta la documentazione relativa all'incarico, ed al nuovo difensore la corrispondenza riservata ricevuta dall'avversario.




















































D: Quali sono i miei diritti (ed i miei doveri) come cliente ?

R:     La disciplina sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali ha introdotto per l’avvocato l’obbligo di informare per iscritto il Cliente della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dal D.L.vo 28/2010, e dei relativi incentivi fiscali.

    Il Cliente ha soprattutto il diritto di essere informato – in maniera completa e comprensibile - circa le attività da intraprendere, i possibili rischi ed i probabili vantaggi, il livello di complessita' dell'incarico e gli oneri ipotizzabili per l'intero svolgimento dell'incarico;

    ha diritto di richiedere che l'Avvocato indichi per iscritto la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale, e che ogni accordo relativo al compenso sia messo per iscritto.
     
    La pattuizione dei compensi e' libera: può essere perciò stabilito un compenso forfetario, o a tempo;

    sono però vietati i patti in base ai quali l'Avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa.

    In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi puo' rivolgersi al Consiglio dell'Ordine affinche' esperisca un tentativo di conciliazione, ed eventualmente ottenere che sia un Giudice a liquidare la somma effettivamente dovuta.

    Nel corso dell’incarico, il Cliente ha diritto di essere compiutamente informato sullo svolgimento del processo e sull’attività svolta, e di ottenere copia degli atti, dei documenti e della corrispondenza (con esclusione di quella riservata, intercorsa tra i difensori) inerenti al mandato.

    Il Cliente ha il diritto di revocare, in qualsiasi momento e senza giustificarsi, l’incarico all’Avvocato (e, in tal caso, dovrà pagare solo l’opera effettivamente svolta); ha il diritto di ottenere la restituzione della documentazione relativa, che l’Avvocato non può subordinare all’effettivo pagamento delle sue spettanze.

    Il Cliente ha poi il diritto di segnalare al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati i comportamenti che ritiene scorretti, ed alla Procura della Repubblica quelli che ritiene illeciti: perché l’Avvocato è obbligato al rispetto del Codice Deontologico Forense (vedi), oltre che della Legge.

    Per contro, il Cliente ha il dovere di corrispondere gli anticipi convenuti per spese e compensi, e di provvedere al saldo - nella misura risultante dagli accordi scritti - al termine dell’incarico.

=O=O=O=

    Il più importante “dovere” del Cliente non è regolato dalla Legge, ma dal buon senso: il Cliente deve fidarsi del proprio Avvocato.

    Un Cliente sospettoso e diffidente è quanto di più mortificante possa capitare ad un Avvocato, mentre uno svolgimento sereno del rapporto si traduce normalmente in un proficuo impegno da parte dell'Avvocato, e consente al Cliente (che meglio di ogni altro è a conoscenza di tutti i fatti relativi alla sua vicenda) di confidarsi senza remore con il suo Avvocato (che tali fatti deve conoscere a fondo e nella loro completezza, per poter svolgere il suo mandato).

    Qualora il rapporto di fiducia non riuscisse ad instaurarsi, o dovesse venir meno, è del tutto sconsigliabile cercare di farsi una cultura giuridica rabberciata, magari chiedendo consigli ad amici e conoscenti privi di specifica professionalità, oppure curiosando sul web: sarà molto meglio cambiare Avvocato.

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D: Quali sono i comportamenti che un Avvocato dovrebbe evitare ?

R:     Nonostante le feroci barzellette sugli avvocati (diffuse particolarmente negli Stati Uniti d'America, dove quasi tutti gli studi professionali sono organizzati come vere e proprie imprese commerciali, finalizzate esclusivamente al profitto economico) un Avvocato, innanzitutto, deve comportarsi da persona onesta ed onorata, non solo nell'esercizio della sua professione, ma perfino nella vita privata: la "condotta irreprensibile" costituisce tuttora requisito per la iscrizione all'Albo, e l'Avvocato è sempre passibile di procedimento disciplinare (a richiesta del Pubblico Ministero, o su segnalazione di un terzo, o d'ufficio), ed alle conseguenti sanzioni, per ogni condotta vietata dal codice deontologico forense (vedi) .

    Oltre a quella dell'avvertimento, della censura, o dalla sospensione dall'esercizio della professione, è prevista - nei casi più gravi - la sanzione della radiazione dall'albo, in tutti i casi in cui l'Avvocato abbia comunque, con la sua condotta, compromesso la propria reputazione e la dignità della classe forense, oltre che in caso di condanna penale dell'Avvocato per i reati di patrocinio infedele, intralcio alla giustizia, frode processuale, ecc.-.

    Un Avvocato ha non solo il dovere di essere fedele verso il proprio Cliente, e di svolgere il proprio incarico con diligenza e riservatezza (con obbligo, esteso anche ai suoi collaboratori e dipendenti, di rispettare il segreto professionale): ma anche il dovere di rifiutarsi di divenire lo strumento di un cliente disonesto o scorretto, e il dovere di non utilizzare nel processo prove che sappia essere false.

    L'Avvocato, ancora, non dovrebbe mai - per esempio, per accaparrarsi una vasta clientela - garantire l'esito favorevole di un qualunque giudizio, ben sapendo che esso non può mai essere veramente certo, dati i molteplici fattori che possono influire sulla decisione dei Giudice: ciò che l'Avvocato può e deve garantire è il proprio impegno, la propria diligenza, la propria correttezza ed onestà.

    L'avvocato, infine, ha il dovere di rifiutarsi - anche a costo di scontentare il Cliente, e di perdere una buona occasione di guadagno - di promuovere un giudizio che ritenga infondato (o comunque carente di serie possibilità di vittoria): simili cause, infatti, ingolfano la giustizia ostacolando chi ha necessità di far valere i propri sacrosanti diritti, ed il Cliente che risulterà aver agito in giudizio in mala fede,  ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 96 del codice di procedura civile (come modificato dalla Legge 69/2009), può venire condannato non solo alle spese del giudizio, ma anche al pagamento di una rilevante somma equitativamente determinata, a titolo di sanzione.

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D: E' corretto che l’Avvocato deleghi un suo collaboratore per parlare della mia pratica, o per andare alle mie udienze ?

R:     L’Avvocato ha l'obbligo di eseguire personalmente l’incarico, pur potendo legittimamente avvalersi di collaboratori e sostituti, del cui operato rimane comunque l’unico responsabile nei confronti del Cliente.

    Per tale motivo l’Avvocato è normalmente accorto nella scelta dei propri delegati, e delle attività per le quali non ritiene indispensabile la propria presenza.
   Talvolta il Cliente, che si rivolga ad un Avvocato particolarmente noto ed affermato (oltre che costoso), può non gradire di essere sistematicamente affidato ad un semplice collaboratore di studio, o di avere difficoltà a parlare con l'Avvocato: anche in tal caso, senza penalità, potrà - se lo ritiene - cambiare Avvocato.

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D: Sono diversi anni che ho in corso una causa civile, e il mio Avvocato mi ha detto che la prossima udienza è stata addirittura fissata tra alcuni anni: e’ normale questo, o è colpa del mio Avvocato ?

R:     La lunga durata di un giudizio civile non è per nulla anormale, costituendo un vecchio problema, che dipende da moltissimi fattori e non certo dagli avvocati.

    Una realtà composta da pochi magistrati, un’amministrazione troppo costosa e poco efficiente nello smaltire un numero sempre crescente di procedimenti, infatti, si confronta quotidianamente con la necessità di garantire alle parti il diritto di argomentare le proprie ragioni, di esperire tutti i necessari accertamenti tecnici e di assumere tutti i mezzi di prova ritenuti rilevanti.

    Le continue riforme, attuate disordinatamente negli anni dai vari governi di turno, pur avendo snellito alcune fasi del processo non sembrano aver ottenuto nessun risultato soddisfacente e - per di più - hanno eliminato la possibilità di ottenere, in appello, un vero e proprio ‘secondo giudizio’, e via via limitato anche le possibilità di ricorrere - per il c.d. giudizio di legittimità - alla  Corte di Cassazione.

    Non è quindi - quasi mai - colpa dell’Avvocato: il quale, fra l’altro, non trae alcun vantaggio dalla lunga durata dei processi, percependo solo alla fine della causa la maggior parte del proprio compenso.

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D: Quando e’ davvero necessario affrontare un giudizio civile, e quando invece è meglio cercare un accordo ?

R:     Spesso il Cliente va dall’Avvocato già convinto ad iniziare un giudizio civile:

    – anche se già sa di perdere la causa, pur di dare 'filo da torcere' al proprio avversario;

    – per una ‘questione di principio’, anche se di scarsa rilevanza economica, dichiarandosi pronto a non badare a spese;

    – perché non intende transigere, a causa dei torti che ritiene di aver ricevuto, con l’odiato antagonista.

    E’ un approccio del tutto comprensibile, perché ci sono vicende della vita quotidiana davvero insopportabili per chi le vive in prima persona.

    Tuttavia il giudizio civile è una macchina complessa, costosa e dai tempi lunghi, che va avviata solo quando gli interessi in gioco siano rilevanti, e non sia comunque possibile una transazione, nemmeno a costo di una ragionevole (anche se sofferta) riduzione delle nostre pretese.

    Sarà quindi dovere dell’Avvocato valutare la convenienza dell’azione, sconsigliarla decisamente qualora vi sia sproporzione tra le aspettative del Cliente e le concrete possibilità di successo, ovvero tra i costi (anche in termini di serenità) del giudizio ed i possibili vantaggi ragionevolmente conseguibili con la sentenza, e rifiutare un incarico che si prospetti inutile e dannoso per il Cliente.

    Al fine di "costringere" le parti a valutare seriamente ogni possibilità conciliativa, il D.L.vo n. 28/2010 prevede - per molte tipologie di cause civili e commerciali – la obbligatorietà di un procedimento di mediazione innanzi ad appositi organismi (la c.d. Media-conciliazione), ed il D.L. n. 132/2014 impone - per altri giudizi - il previo esperimento della c.d. negoziazione assistita.

    Tali procedimenti dovrebbero consentire di definire la causa rapidamente ed a costi ragionevoli (recuperabili in parte attraverso incentivi fiscali); ed in caso di esito negativo non impediscono comunque di instaurare un normale giudizio davanti al Magistrato.

    In ogni caso, poichè una ragionevole definizione bonaria delle controversie non va mai esclusa a priori, un buon Avvocato consiglierà sempre di valutarla, e si attiverà - insieme al Collega avversario - per raggiungerla: dovendosi considerare che ogni giudizio, compreso il più semplice e scontato, comporta comunque un ineliminabile grado di rischio e di incertezza.

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D: Dice il proverbio che chi rompe, paga: che succede se l’Avvocato sbaglia, e cagiona un danno al Cliente ?

R:     Come ogni Professionista, l’Avvocato è certamente responsabile del danno che abbia provocato per negligenza, ed in tal caso dovrà tenere indenne il Cliente da ogni conseguenza negativa del proprio operato:

    – sia quando abbia indotto il cliente ad affrontare un giudizio in mancanza dei necessari presupposti;

    – sia quando abbia compiuto errori o leggerezze (dimenticando, per esempio, la scadenza di un termine);

    – sia quando abbia accettato un incarico che non era in grado di assolvere (per esempio, perché relativo ad una materia sulla quale non possiede sufficienti competenze ed esperienze).

    Non si può e non si deve – però – attribuire ogni sconfitta in giudizio alla responsabilità dell’Avvocato: in tutti i giudizi c’è sempre una parte vittoriosa ed una soccombente.

    La sconfitta dipende nella maggioranza dei casi da tutt’altri fattori: un'astuta controparte in mala fede potrebbe essersi premunita meglio di noi, precostituendo prove artefatte a suo favore, il Giudice può cadere in errore o interpretare la legge in modo non esatto (e per questo sono previsti il giudizio di appello, ed il ricorso per Cassazione), l’interpretazione delle norme può cambiare nel tempo, i testimoni più insospettabili potrebbero riferire il falso, essere reticenti, o fingere di non ricordare ciò che dovrebbero confermare.

    Per i casi in cui sia l'avvocato il responsabile del danno patito dal Cliente, questi potrà chiedere il risarcimento, garantito dal fatto che la legge impone all'Avvocato (art. 12 Legge n. 247/2012) di stipulare un'assicurazione per i danni che potrebbe arrecare ai propri Assistiti nell'esercizio della sua professione.
    Gli estremi di tale polizza devono essere obbligatoriamente comunicati dall'Avvocato al Cliente.

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rev 07/01/2024